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Piano di sviluppo e vertenza industria del Sulcis Iglesiente: il punto del Presidente Cherchi
Data di inizio:
Mercoledì, 14 Marzo, 2012 - 15:47
Data di fine:
Mercoledì, 14 Marzo, 2012 - 15:47
Sono due gli obiettivi importanti di questa fase: decidere sul Piano di sviluppo del Sulcis Iglesiente e impedire lo smantellamento della filiera dell'alluminio.
Sul primo punto, la Giunta regionale ha presentato agli Enti locali una bozza di Piano il 5 marzo scorso. Si tratta di programmi e progetti estratti dal Piano strategico provinciale (a dimostrazione della utilità di averlo fatto) condivisibili: 15 schede concernenti altrettante azioni nei diversi settori. I Comuni hanno chiesto, comprensibilmente, una settimana di tempo per fare osservazioni e integrazioni.
La Giunta regionale potrà, quindi, passare agli atti successivi e cioè la sigla di una intesa con gli Enti locali e con le Parti sociali, la deliberazione per quanto di propria competenza (risorse, tempi e soggetti attuatori). Alcune parti del Piano richiedono l'intervento del Governo e, in special modo, del Ministero che si occupa del Mezzogiorno.
E' indispensabile pervenire ad una decisione efficace in tempi ravvicinati. Non è affatto importante che il Piano sia onnicomprensivo. Quel che conta è che abbia contenuti consistenti (la bozza illustrata li ha), che si assegnino le risorse per gli investimenti pubblici e si mettano i privati nelle condizioni di investire risorse proprie, senza lungaggini burocratiche, superando la cronica inaffidabilità di buona parte della nostra pubblica Amministrazione.
I bandi per l'area di crisi sono all'interno del Piano di sviluppo. Lo ripeto: occorre che la Regione assuma una decisione operativa. Le Istituzioni locali e le parti sociali devono esercitare una pressione forte per ottenere questo importante risultato.
Il Piano deve essere funzionale al problema centrale del lavoro. Valuto che il territorio abbia necessità di creare/attivare almeno 8000 posizioni di lavoro, compreso il ritorno in produzione di una parte cospicua dei cassaintegrati: per questo, non si può rinunciare a nessuno dei settori produttivi, a partire dall'industria. Mi spiego con due numeri: l'obiettivo di crescita del settore turistico, assunto dal Piano provinciale, può darci 1300 nuovi occupati a tempo pieno (molti di più se li tramutiamo in posizioni stagionali). L'impatto di Alcoa sul territorio vale un numero almeno non inferiore di occupati. Trovo superficiale chi dice “chiudiamo l'industria e facciamo turismo”: serve l'una e l'altro. Ecco perché ci si batte con tenacia per la continuità produttiva della metallurgia.
Alcoa ha confermato la sua irreversibile decisione di lasciare l'Italia. Il Governo ha chiesto flessibilità sui tempi di chiusura, per dare, ai potenziali acquirenti dell'impianto, il tempo necessario (molti mesi) per trasformare l'interesse dichiarato in contratto. Qualsiasi futuro gestore della fabbrica chiederà condizioni idonee per l'energia elettrica (35/40 € per Megawattora). Il Governo aveva programmato di rispondere con due misure: una temporanea (proroga dell'attuale contratto basata sulla super interrompibilità, previo accordo con l'Unione Europea) e una strutturale di medio lungo termine, basata sulle centrali ENEL di Portovesme, che avrebbero dovuto mettere a disposizione energia elettrica da carbone pagata al costo industriale di produzione. Il produttore dell'alluminio avrebbe avuto un ulteriore sconto su questo prezzo, accettando la clausola di interrompibilità del servizio elettrico secondo gli standards riconosciuti dall'Unione Europea.
L'intervento diretto del Ministro Passera sul vertice Enel ha aperto questa strada, che si rivela, però, impraticabile a causa di un ostacolo imprevisto, imprevedibile e, persino, assurdo. In sintesi: le centrali europee a carbone efficienti hanno costi di produzioni dell'energia di 55/60 € per Megawattora compresi i costi di capitale; con lo sconto per interrompibilità, si arriva ai 35/40€ utili. La verifica tecnica su Enel Portovesme ha trovato costi di produzione, compreso il capitale, praticamente doppi degli europei efficienti. Tali costi sono riconosciuti e pagati dal gestore della rete, in quanto quella centrale è classificata come Risorsa essenziale per la Sicurezza del Sistema Elettrico.
Sul perché Enel e gestore della rete abbiano consentito una situazione di produzione così lontana dall'efficienza europea, non conta soffermarsi ora, ma è opportuno farlo in altro momento. Quel conta per il problema del presente, è constatare che, neanche con investimenti notevoli di radicale ristrutturazione dell'impianto elettrico attuale, si ottengono costi idonei per l'alluminio: bisognerebbe rifarli nuovi.
Si pensava di aver trovato la soluzione industriale al problema e si constata che non funziona. Ecco perché il Governo ha dovuto prendere tempo per studiare un'altra strada che, verosimilmente, dovrà essere un contratto bilaterale basato su un impianto virtuale efficiente, o qualche altra misura amministrativa.
Il vapordotto da Enel può essere, ancora, una soluzione per Eurallumina, così come lo è la costruzione di una nuova centrale di piccola taglia: purché si decida e il Governo non consenta più a Eurallumina di giocare a rimpiattino fra soluzioni diverse.
Le scadenze incombono: Alcoa, disponibile a dare 5/6 mesi per la trattativa con impianti in marcia, preme per una decisione sui tempi del disimpegno entro il 4 aprile. Non si potrà, perciò, prescindere da ciò che il Governo dirà sull'energia. Senza questo elemento,
la trattativa con i potenziali acquirenti non può andare a buon fine. La parola è, dunque, alla politica industriale. Salvatore Cherchi
Sul primo punto, la Giunta regionale ha presentato agli Enti locali una bozza di Piano il 5 marzo scorso. Si tratta di programmi e progetti estratti dal Piano strategico provinciale (a dimostrazione della utilità di averlo fatto) condivisibili: 15 schede concernenti altrettante azioni nei diversi settori. I Comuni hanno chiesto, comprensibilmente, una settimana di tempo per fare osservazioni e integrazioni.
La Giunta regionale potrà, quindi, passare agli atti successivi e cioè la sigla di una intesa con gli Enti locali e con le Parti sociali, la deliberazione per quanto di propria competenza (risorse, tempi e soggetti attuatori). Alcune parti del Piano richiedono l'intervento del Governo e, in special modo, del Ministero che si occupa del Mezzogiorno.
E' indispensabile pervenire ad una decisione efficace in tempi ravvicinati. Non è affatto importante che il Piano sia onnicomprensivo. Quel che conta è che abbia contenuti consistenti (la bozza illustrata li ha), che si assegnino le risorse per gli investimenti pubblici e si mettano i privati nelle condizioni di investire risorse proprie, senza lungaggini burocratiche, superando la cronica inaffidabilità di buona parte della nostra pubblica Amministrazione.
I bandi per l'area di crisi sono all'interno del Piano di sviluppo. Lo ripeto: occorre che la Regione assuma una decisione operativa. Le Istituzioni locali e le parti sociali devono esercitare una pressione forte per ottenere questo importante risultato.
Il Piano deve essere funzionale al problema centrale del lavoro. Valuto che il territorio abbia necessità di creare/attivare almeno 8000 posizioni di lavoro, compreso il ritorno in produzione di una parte cospicua dei cassaintegrati: per questo, non si può rinunciare a nessuno dei settori produttivi, a partire dall'industria. Mi spiego con due numeri: l'obiettivo di crescita del settore turistico, assunto dal Piano provinciale, può darci 1300 nuovi occupati a tempo pieno (molti di più se li tramutiamo in posizioni stagionali). L'impatto di Alcoa sul territorio vale un numero almeno non inferiore di occupati. Trovo superficiale chi dice “chiudiamo l'industria e facciamo turismo”: serve l'una e l'altro. Ecco perché ci si batte con tenacia per la continuità produttiva della metallurgia.
Alcoa ha confermato la sua irreversibile decisione di lasciare l'Italia. Il Governo ha chiesto flessibilità sui tempi di chiusura, per dare, ai potenziali acquirenti dell'impianto, il tempo necessario (molti mesi) per trasformare l'interesse dichiarato in contratto. Qualsiasi futuro gestore della fabbrica chiederà condizioni idonee per l'energia elettrica (35/40 € per Megawattora). Il Governo aveva programmato di rispondere con due misure: una temporanea (proroga dell'attuale contratto basata sulla super interrompibilità, previo accordo con l'Unione Europea) e una strutturale di medio lungo termine, basata sulle centrali ENEL di Portovesme, che avrebbero dovuto mettere a disposizione energia elettrica da carbone pagata al costo industriale di produzione. Il produttore dell'alluminio avrebbe avuto un ulteriore sconto su questo prezzo, accettando la clausola di interrompibilità del servizio elettrico secondo gli standards riconosciuti dall'Unione Europea.
L'intervento diretto del Ministro Passera sul vertice Enel ha aperto questa strada, che si rivela, però, impraticabile a causa di un ostacolo imprevisto, imprevedibile e, persino, assurdo. In sintesi: le centrali europee a carbone efficienti hanno costi di produzioni dell'energia di 55/60 € per Megawattora compresi i costi di capitale; con lo sconto per interrompibilità, si arriva ai 35/40€ utili. La verifica tecnica su Enel Portovesme ha trovato costi di produzione, compreso il capitale, praticamente doppi degli europei efficienti. Tali costi sono riconosciuti e pagati dal gestore della rete, in quanto quella centrale è classificata come Risorsa essenziale per la Sicurezza del Sistema Elettrico.
Sul perché Enel e gestore della rete abbiano consentito una situazione di produzione così lontana dall'efficienza europea, non conta soffermarsi ora, ma è opportuno farlo in altro momento. Quel conta per il problema del presente, è constatare che, neanche con investimenti notevoli di radicale ristrutturazione dell'impianto elettrico attuale, si ottengono costi idonei per l'alluminio: bisognerebbe rifarli nuovi.
Si pensava di aver trovato la soluzione industriale al problema e si constata che non funziona. Ecco perché il Governo ha dovuto prendere tempo per studiare un'altra strada che, verosimilmente, dovrà essere un contratto bilaterale basato su un impianto virtuale efficiente, o qualche altra misura amministrativa.
Il vapordotto da Enel può essere, ancora, una soluzione per Eurallumina, così come lo è la costruzione di una nuova centrale di piccola taglia: purché si decida e il Governo non consenta più a Eurallumina di giocare a rimpiattino fra soluzioni diverse.
Le scadenze incombono: Alcoa, disponibile a dare 5/6 mesi per la trattativa con impianti in marcia, preme per una decisione sui tempi del disimpegno entro il 4 aprile. Non si potrà, perciò, prescindere da ciò che il Governo dirà sull'energia. Senza questo elemento,
la trattativa con i potenziali acquirenti non può andare a buon fine. La parola è, dunque, alla politica industriale. Salvatore Cherchi
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